Risarcimento del danno per violazione dei doveri conseguenti al matrimonio
I doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio sono previsti dall’art. 143 del c.c. e sono il dovere di collaborazione, coabitazione, assistenza e fedeltà; si tratta di doveri che hanno una natura giuridica vera e propria.
La violazione dei doveri coniugali è sanzionabile in primo luogo con i rimedi previsti dal diritto di famiglia, quali ad esempio la separazione od il divorzio. Quando la violazione dei doveri coniugali provochi la lesione di diritti costituzionalmente protetti, può integrare gli estremi dell’illecito civile, con conseguente diritto al risarcimento del danno non patrimoniale ai sensi dell’art. 2059 c.c.. Ciò anche laddove non sia stata pronunciato l’addebito a carico del coniuge che li ha violati.
Il diritto al risarcimento richiede due requisiti: la violazione di un diritto fondamentale di rango costituzionale, quale la dignità della persona, e la particolare gravità della violazione, per essere stata realizzata con modalità insultante, ingiuriosa ed offensiva. In tal senso, è risarcibile anche il danno non patrimoniale da adulterio (Cass. 6598/2019), purché la lesione superi la soglia della normale tollerabilità. Il danno cosiddetto endofamiliare da adulterio sarà quindi risarcibile non in quanto tale, ma solo se condotto con modalità insultanti, ingiuriose ed offensive.
In tale materia si innesta una recente sentenza del Tribunale di Reggio Emilia, che ha esaminato il caso di un coniuge che scopriva solo dopo molti anni di non essere il padre biologico del figlio nato in costanza di matrimonio. Nel caso di specie la violazione degli obblighi coniugali non era stata ricondotta alla mera violazione del dovere di fedeltà, che non avrebbe potuto da solo fondare la richiesta di risarcimento ex art. 2059 c.c. perché non condotta con modalità insultante ed ingiuriosa, ma al fatto che la moglie aveva nascosto al marito che la gravidanza era dovuta al rapporto con un altro uomo.