La libertà religiosa dei genitori e l’eventuale pregiudizio sui minori

La libertà religiosa dei genitori e l'eventuale pregiudizio sui minori


Una recente sentenza del Tribunale di Pesaro del 09.07.2020 fornisce lo spunto per alcune considerazioni in tema di libertà dei genitori di trasmettere il proprio credo ai figli qualora i genitori appartengano a confessioni religiose diverse.

Nel caso di specie la madre chiedeva la modifica delle condizioni di affidamento del minore cui, in prima battuta, era stato imposto il divieto di partecipare alle funzioni religiose del culto seguito dalla stessa.

Il Tribunale ammette che, qualora sulla base di un accertamento concreto, basato sull’ascolto ed osservazione del minore, emerga che l’esercizio del culto di uno dei genitori possa compromettere la salute psico-fisica o lo sviluppo del minore, è certamente possibile adottare dei provvedimenti restrittivi o contenitivi dei diritti individuali di libertà religiosa dei genitori.

Il pregiudizio del minore però deve essere valutato in concreto, non certo sulla base delle considerazioni astratte di un genitore rispetto ai principi religiosi seguiti dall’altro genitore (Cass. 21916/2019).

Né viene considerato rilevante da parte del Tribunale che il minore sia stato educato dai genitori ad una diversa fede religiosa; è richiesto invece che ciascun genitore rispetti il credo dell’altro, permettendo e non impedendo al minore di praticare o frequentare le celebrazioni religiose dell’altro genitore, unitamente alle tradizioni ed attività legati alla religione professata da ciascun genitore, anche se in contrasto con i principi della propria.

Affido condiviso e collocazione prevalente della prole minore presso un genitore

Affido condiviso e collocazione prevalente della prole minore presso un genitore

Salvo la sussistenza di situazioni particolari, alla separazione dei coniugi consegue l’affidamento della prole minore ad entrambi i genitori, nel rispetto del principio di bigenitorialità, che assicura la partecipazione paritaria di entrambi i genitori alla vita dei figli ed all’esplicazione dei doveri di mantenimento, accudimento ed educazione della prole.

Diverso è il collocamento dei minori presso uno dei genitori, conseguenza questa del fatto che, a seguito della separazione, il nucleo familiare originario si disgrega e uno dei genitori necessariamente si allontana dalla casa familiare.

I minori vengono quindi prevalentemente collocati presso l’abitazione di uno dei genitori, solitamente nella casa familiare, con regolamentazione del diritto frequentazione del genitore non collocatario.

La regolamentazione dei rapporti fra genitori non conviventi e figli minori non può tuttavia avvenire sulla base di una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con entrambi i genitori, ma deve essere il risultato di una valutazione che, partendo dall’esigenza di garantire ai minori la situazione più idonea a salvaguardare  il loro benessere ed a garantire la loro crescita serena ed armoniosa, tenga conto del loro diritto ad una significativa e piena realizzazione con entrambi i genitori, e del diritto di questi ultimi ad una piena realizzazione della loro relazione con i figli e all’esplicazione del loro ruolo educativo.

 

 

Risarcimento del danno conseguenti al matrimonio

Risarcimento del danno per violazione dei doveri conseguenti al matrimonio

I doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio sono previsti dall’art. 143 del c.c. e sono il dovere di collaborazione, coabitazione, assistenza e fedeltà; si tratta di doveri che hanno una natura giuridica vera e propria.

 

La violazione dei doveri coniugali è sanzionabile in primo luogo con i rimedi previsti dal diritto di famiglia, quali ad esempio la separazione od il divorzio. Quando la violazione dei doveri coniugali provochi la lesione di diritti costituzionalmente protetti, può integrare gli estremi dell’illecito civile, con conseguente diritto al risarcimento del danno non patrimoniale ai sensi dell’art. 2059 c.c.. Ciò anche laddove non sia stata pronunciato l’addebito a carico del coniuge che li ha violati.

Risarcimento del danno conseguenti al matrimonio

Il diritto al risarcimento richiede due requisiti: la violazione di un diritto fondamentale di rango costituzionale, quale la dignità della persona, e la particolare gravità della violazione, per essere stata realizzata con modalità insultante, ingiuriosa ed offensiva. In tal senso, è risarcibile anche il danno non patrimoniale da adulterio (Cass. 6598/2019), purché la lesione superi la soglia della normale tollerabilità. Il danno cosiddetto endofamiliare da adulterio sarà quindi risarcibile non in quanto tale, ma solo se condotto con modalità insultanti, ingiuriose ed offensive.

In tale materia si innesta una recente sentenza del Tribunale di Reggio Emilia, che ha esaminato il caso di un coniuge che scopriva solo dopo molti anni di non essere il padre biologico del figlio nato in costanza di matrimonio. Nel caso di specie la violazione degli obblighi coniugali non era stata ricondotta alla mera violazione del dovere di fedeltà, che non avrebbe potuto da solo fondare la richiesta di risarcimento ex art. 2059 c.c. perché non condotta con modalità insultante ed ingiuriosa, ma al fatto che la moglie aveva nascosto al marito che la gravidanza era dovuta al rapporto con un altro uomo.