Risarcimento del danno provocato da fauna selvatica
Non è infrequente che gli animali selvatici possano cagionare danni ai beni delle persone. L’esempio più frequente è quello dei danni cagionati agli autoveicoli a seguito di collisione con animali selvatici.
Per molto tempo detti danni erano considerati non indennizzabili, in quanto la fauna selvatica non aveva in sostanza un “proprietario”. Con la l. 27/12/1977 n. 968 la fauna selvatica (appartenente a determinate specie protette) è stata dichiarata patrimonio indisponibile dello Stato, con attribuzione alle regioni delle funzioni amministrative e normative. La L. 157/1992 ha specificato che la tutela riguarda le specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio nazionale, con alcune eccezioni specificate. Detta legge specificava inoltre quali fossero i compiti attribuibili specificamente alle regioni e quali alle province.
Se in origine si era individuato nella regione il soggetto tenuto al risarcimento, nel tempo si è affermato che la responsabilità per i danni causati dagli animali selvatici doveva essere imputata all’ente (regione, provincia, ente parco, federazione o associazione, azienda venatoria od altro ente) a cui gli animali erano stati concretamente affidati nel caso di specie. In alcuni casi veniva individuata come responsabile la provincia, in quanto proprietaria della strada ove si era verificato il sinistro.
La difficoltà ad ottenere il giusto risarcimento si manifestava non solo nell’onere del danneggiato di provare la condotta colposa dell’ente convenuto, ma ancor prima nella difficoltà di individuazione del soggetto responsabile, a causa del sovrapporsi di competenze statali, regionali, provinciali e di enti di gestione i cui rapporti interni non erano agevolmente ricostruibili.
Per la soluzione del problema occorreva stabilire quale fosse la norma giuridica da applicare: l’art. 2043 o l’art. 2052 cod. civ. L’applicazione dell’2043 c.c. (Responsabilità extracontrattuale) ha come conseguenza la necessità di individuare effettivamente quale ente abbia in gestione la fauna selvatica, posto che il presupposto di tale responsabilità è la condotta colposa dell’ente nella custodia della fauna. L’art. 2052 cod. civ. prevede invece la responsabilità del proprietario dell’animale per i danni cagionati dallo stesso.
Con la sent. n. 7969/20 la Corte di Cassazione ha ritenuto applicabile alla fattispecie l’art. 2052 cod. civ. ed ha individuato quale soggetto responsabile per il risarcimento del danno esclusivamente la Regione.
L’onere della prova grava sul danneggiato, che dovrà dimostrare che il danno è stato causato dall’animale selvatico appartenente ad una specie protetta rientrante nel patrimonio indisponibile dello Stato (L. 157/1992). Dovrà inoltre dimostrare la dinamica del sinistro e il nesso di causalità tra la condotta dell’animale e l’evento dannoso subito. Dovrà infine dimostrare di aver fatto quanto necessario per evitare il danno e di aver adottato agni cautela nella propria condotta di guida, dimostrando così che la condotta dell’animale abbia avuto un carattere tale di imprevedibilità ed irrazionalità per cui non sarebbe stato possibile evitare l’impatto.
Per liberarsi dalla responsabilità, la Regione dovrà dimostrare che la condotta dell’animale si sia posta del tutto al di fuori della sua sfera di possibile controllo, come causa autonoma, eccezionale, imprevedibile ed inevitabile del danno, non evitabile nemmeno mediante l’adozione delle più adeguate e diligenti misure, concretamente esigibili in relazione alla situazione di fatto e compatibili con la funzione di protezione dell’ambiente e dell’ecosistema – di gestione e controllo del patrimonio faunistico e di cautela per i terzi.